“Se si vuole onorare davvero monsignor Torta, bisogna prolungare la sua paternità vivendo un legame affettivo reale con le persone. Nella fede cristiana l’amore del prossimo è autentico amore umano: la persona che ama ama con tutta se stessa, con la sua sensibilità, la sua libertà, il suo affetto, la sua corporeità, la persona che è amata è amata per se stessa, non per qualche altro fine o interesse”.
Parole riecheggiate l’altra sera nella Basilica di Sant’Antonino per ricordare il sacerdote piacentino che cento anni fa ha fondato le Suore della Provvidenza per l’infanzia abbandonata. Le ha pronunciate monsignor Luciano Monari, vescovo emerito di Brescia, tornato a Piacenza su invito dalla madre generale della congregazione, suor Albina Dal Passo, per affrontare il tema “Il carisma di monsignor Torta, oggi come ieri sempre in azione”. Le suore piacentine sono presenti in diversi paesi africani dal 1971 con missioni tuttora in espansione proprio grazie all’attualità del carisma del fondatore.
Nel corso della serata, coordinata dal professo Pierpaolo Triani, docente di pedagogia generale e sociale alla Facoltà di scienze della formazione dell’Università Cattolica, è stato presentato dall’autrice, Federica Villa, il libro sulla storia delle religiose, “Più sono poveri, più sono nostri”, edito da Il Duomo. “Un prete ordinario che ha fatto cose straordinarie – ha esordito vescovo Luciano, parlando di monsignor Francesco Torta -. L’incontro con Givanni Battista Scalabrini fu di una sintonia perfetta. Erano i primi anni, difficili anni dell’Italia unita con le trasformazioni sociali dell’industrializzazione e Scalabrini sentiva il bisogno impellente di intervenire per aiutare le persone più bisognose, sordomuti, cieche e orfani, tre gruppi di presone che soffrono di limiti fisici, affettivi, sociali, quindi persone che hanno bisogno di essere aiutate per poter esprimere al meglio la loro umanità. Una febbre che attaccò anche a monsignor Torta”.

“Molte delle attività caritative di un tempo – ha fatto notare Monari – si sono trasformate in servizi sociali gestiti da competenti e finanziate dallo Stato. Possiamo solo rallegrarci di questo, ma non può significare che lo spazio della carità cristiana si sia ristretto per lasciare posto ai servizi sociali. Proprio perché siamo unici dal punto di vista biologico e psicologico abbiamo bisogno di essere riconosciuti unici e questo bisogno non è mai soddisfatto attraverso esperienze puramente “funzionali”. “Occorre l’amore, – ha sottolineato – quell’amore che viene da Dio. La suora che ama come una madre un bambino che le è affidato sa che il suo amore, dalla prima simpatia iniziale fino alla capacità di sacrificio, le viene da Dio e diventa quindi l’espressione dell’amore di Dio per quel bambino. Questo può essere chiamato a pieno titolo essere chiamato amore paterno e materno, esattamente come paterno e materno è l’amore di Dio per le sue creature”.

Federica Villa ha ripercorso alcune tappe della Congregazione nata 100 anni fa e ancora vitale oggi: “Il 19 marzo 1921 monsignor Torta fondava la congregazione delle suore della Provvidenza per l’infanzia abbandonata. Soltanto tre le prime suore: un vero e proprio granello di senape, ma, come insegna la nota parabola, è proprio da quel piccolo seme che nasce un albero tanto grande da ospitare gli uccelli sui propri rami. Alle sue suore Torta dava un comandamento semplice: ‘Amate i bambini, specialmente i più poveri e gli abbandonati’”.
Questo post è stato pubblicato da Piacenza Sera